Introduzione
Nella pratica clinica la patologia del piede diabetico rappresenta un’evenienza molto frequente per l’insorgenza di complicanze vascolari e neuropatiche.
Tale patologia é caratterizzata da una prolungata convalescenza e da un’importante ripercussione socio-economica.
Il piede diabetico, di fatto, é motivo di ricovero per circa il 14% dei diabetici, e comporta, nelle sue diverse manifestazioni, morbilità, disabilità e mortalità, ed é la causa principale di amputazione non traumatica.
La maggior parte dei pazienti presenta un’amputazione dell’arto controlaterale entro 3 anni dalla precedente ed una mortalità che supera il 50% entro 3-5 anni (Most et al. 1983; Caballero et al. 1998; Slovenkai et al. 1998).
Una delle complicanze più temibili é rappresentata dall’osteomielite; la sua diagnosi spesso é difficile e richiede un approccio integrato, sia clinico che strumentale.
La diagnostica per immagini svolge un ruolo chiave nella definizione della patologia e nella valutazione delle alterazioni morfo-strutturali, consentendo di programmare un corretto trattamento per evitare eventuali complicanze e ridurre quindi i tempi di ospedalizzazione.
A causa del diverso momento patogenetico che caratterizza le manifestazioni cliniche del piede diabetico, la diagnosi di osteomielite della parte anteriore del piede (metatarso e falangi) é distinta da quella della parte media e posteriore (tarso e tarsometatarso).
La principale lesione dell’avampiede é l’ulcera trofica, che presenta patogenesi multifattoriale: vascolare, neuropatica e dermopatica. L‘ulcera, porta d’ingresso di germi, facilmente si infetta con conseguente propagazione per via diretta all’osso sottostante.
La localizzazione plantare e la perdita di sensibilità impedisce il riscontro delle lesioni cutanee.
Per evitare l’infezione ossea é necessaria una corretta gestione di questi pazienti, attuabile con metodiche di screening.
La principale espressione della malattia a livello della parte media e posteriore del piede, é il piede neuropatico o articolazione di Charcot, che fa seguito al danno neuropatico, e che presenta un’incidenza del 60%, 30% e 10% rispettivamente nelle articolazioni del tarso e tarso-metatarsiche, metatarso-falangee e tibio-tarsiche (Horowitz et al. 1993).
Benché l’osteomielite dell’articolazione neuropatica non sia complicanza frequente, la sua diagnosi é spesso difficile.
Ruolo della medicina nucleare
La biopsia ossea rappresenta il gold standard per la diagnosi di osteomielite. E’ una procedura invasiva, non sempre eseguibile nei pazienti con severa vasculopatia, che perde la sua sensibilità qualora il frammento bioptico sia contaminato da tessuti superficiali infetti (Wheat et al. 1986).
Numerose metodiche di imaging sono oggi disponibili per lo studio delle diverse espressioni dell’ osteomielite nel piede diabetico. La scelta del singolo esame è condizionato dalla sede e dalla fase di attività della malattia, ed ognuno fornisce informazioni e apporta contributi diversi.
La demineralizzazione ossea, la reazione periostea e la distruzione ossea rappresentano i classici segni radiografici dell’osteomielite, i quali compaiono solo quando il 30-50% dell’osso é stato distrutto, processo che può richiedere alcune settimane.
La radiografia presenta, inoltre, una bassa specificità poiché molte delle alterazioni tipiche dell’osteomielite si ritrovano anche in altre condizioni, quali le deformità e le fratture ossee. Nonostante tale metodica non consenta una diagnosi precoce di osteomielite, ed essendo inoltre gravata da un congruo numero di falsi positivi, rappresenta ancora una metodica di screening nel piede diabetico.
Il suo uso routinario é giustificato anche dalle informazioni anatomiche che se ne traggono, utili per interpretare altri studi (Palestro et al. 1997).
Il ruolo svolto dalla risonanza magnetica nucleare (RMN), nella diagnosi dell’osteomielite, é diverso a seconda della regione del piede che si considera.
Se il processo é sito nell’avampiede, la RMN é in grado di rilevare e differenziare, con alto grado di sensibilità e specificità, l’infezione ossea da quella dei tessuti molli e, con un alto livello di precisione, stabilisce i limiti anatomici dei segmenti ossei coinvolti, informazione indispensabile quando é contemplata la terapia chirurgica.
Se l’osteomielite interessa il medio e retropiede la specificità della RMN si riduce, poiché il pattern dell’infezione é di comune riscontro anche nella neuro-osteoartopatia (Seabold et al. 1990).
Inoltre con la RMN appare indistinguibile l’edema midollare e dei tessuti molli dovuto a osteoartropatia, da quello dovuto al processo infettivo, distinzione clinicamente importante poiché l’evoluzione é diversa e sopratutto diverso é il trattamento (Craig et al. 1997; Palestro et al. 1998).
Tuttavia la RMN appare, invece, molto utile nell’escludere la presenza di osteomielite, in quanto il mancato riscontro di alterazioni di segnale a livello del midollo osseo non depone per tale patologia (Resnick et al. 1997).
Infine, la RMN é utile nella pianificazione del trattamento chirurgico onde stabilire i limiti anatomici da resecare (Craig et al. 1997).
La medicina nucleare contribuisce, di concerto con altre metodiche, alla diagnosi di osteomielite e svolge un ruolo cruciale nel follow-up della terapia medica.
Le metodiche commercialmente disponibili sono rappresentate dalla scintigrafia ossea, con leucociti marcati, con anticorpi anti-granulociti, con immunoglobuline umane policlonali (HIG), con nanocolloidi.
Non tutte le metodiche di imaging medico nucleare sono incluse nei vari flow-chart diagnostici, tuttavia la loro importanza è dimostrata dalla letteratura.
Meta-analisi Sono stati analizzati 57 lavori (dal 1982 al 2001), di cui 50 lavori originali e 7 review riguardanti l’imaging del piede diabetico, per un totale di 1063 pazienti e 1206 lesioni.
La meta-analisi é servita a comprendere quale, tra le varie metodiche a nostra disposizione, consente una diagnosi di osteomielite, permette un’esatta valutazione dell’estensione della malattia e può essere utilizzata nel corso del follow-up della terapia medica.
Dall’analisi dei dati risulta che la scintigrafia ossea é altamente sensibile ma scarsamente specifica (Tabella 1). La bassa specificità é dovuta al fatto che la triade di segni tipica dell’osteomielite (aumentata perfusione, iperemia e aumentato uptake nelle immagini tardive) si ritrova anche in altre condizioni associate al piede diabetico non infetto, quali fratture, articolazione neuropatica e infezioni dei tessuti molli di lunga durata.
Per aumentare la specificità della metodica, quindi, sono stati messi in atto alcuni artefizi, come l’acquisizione di immagini tardive, dopo 24h dalla somministrazione del radiofarmaco.
L’accumulo del tracciante nelle regioni infette si protrae per molte ore (a differenza dell’osso normale dove il processo si arresta precocemente), ottenendo così, a distanza di 24h, un rapporto target/background maggiore di quello ottenuto dopo 3h (Alazraki et al. 1985).
Anche se una eventuale positività della scintigrafia ossea non é necessariamente diagnostica, la presenza di un risultato negativo esclude la presenza di osteomielite con un alto grado di certezza (il test ha un buon valore predittivo negativo), ed é pertando considerato un utile test di screening poiché economico, rapido da eseguire e molto sensibile.
Tabella 1: Confronto tra le metodiche impiegate Lesioni Sens. Spec. Lesioni Acc. Lesioni VPP VPN 99mTc-MDP 719 90.3 46.4 640 65 643 65.1 71.1 111In- WBC 463 86 74.4 428 77 398 72.4 82.6 99mTc- WBC 283 85.8 84.5 283 85.9 283 89.9 80.8 111In/99mTc- WBC 205 80.7 88.5 147 84.6 53 n.d. n.d. HIG 97 96.8 66.5 97 83.2 97 72 87.7 MoAb 214 92.6 64.4 214 85.8 214 79.9 84.4
Nel medio e retropiede dato l’esteso rimaneggiamento osseo, la scintigrafia ossea trifasica é frequentemente positiva anche in assenza di osteomielite, per cui come la maggior parte delle indagini radiologiche perde in termini di specificità e accuratezza.
La specificità può essere incrementata studiando la lesione con la tecnica del doppio tracciante, cioé effettuando anche una scintigrafia con leucociti marcati al fine di evidenziare l’eventuale sito di infezione (Knight et al. 1988). L’importanza come test di screening é notevolmente ridotta.
Al contrario dei polifosfati, i leucociti (WBC) marcati non si accumulano nei siti di aumentato turnover metabolico in assenza di infezione.
Non sorprende quindi, che la scintigrafia con leucociti marcati sia di fondamentale importanza nella diagnosi di osteomielite del piede diabetico.
I valori medi ponderati di sensibilità, specificità e accuratezza dei leucociti marcati con 111In e con 99mTc sono apprezzabili nella tabella 1. Dai risultati si evince che la scintigrafia con 99mTc-HMPAO-WBC é piu specifica ed ha un’accuratezza diagnostica maggiore rispetto alla scintigrafia con 111In-WBC.
Questo risultato può essere correlato al tipo di isotopo usato; con 111In si ha una bassa risoluzione spaziale e bassa statistica di conteggio e, secondo alcuni autori, il problema può essere risolto marcando i WBC con 99mTc, considerate le migliori caratteristiche del radionuclide (Fox et al. 1993; Blume et al. 1997; Devillers et al. 1998).
L’associazione con la scintigrafia ossea, non sembra modificare di molto l’accuratezza diagnostica della scintigrafia con leucociti marcati (Keenan et al 1989), tali risultati sono confermati anche dai dati della meta-analisi.
Identificare il segmento infetto nell’avampiede, generalmente non rappresenta un problema poiché esso di norma corrisponde alla regione sovrastante la lesione ulcerosa. La scintigrafia con leucociti marcati, usata con successo nella diagnosi di osteomielite, viene anche impiegata per monitorizzare la terapia medica (Newman et al. 1991).
Nel medio e retropiede l’accumulo dei leucociti può non essere solo conseguente alla presenza di infezione, poiché tale reperto é presente anche nelle fratture e a livello di processi ossei riparativi. L’accumulo in tali zone, é conseguente all’infiltrazione di polimorfonucleati a livello delle fratture (fase precoce) e ad attività ematopoietica midollare, intimamente connessa al processo riparativo delle fratture (Palestro et al. 1998). Come conseguenza dei meccanismi di riparazione, di fatto, si ha una localizzazione abnorme ed atipica del midollo osseo.
La positività dello scan, in queste zone, aumenta il numero dei falsi positivi, con perdita di specificità della metodica. Pertanto l’infezione andrebbe studiata effettuando sequenzialmente la scintigrafia con leucociti marcati, prima, e quella del midollo osseo dopo (Palestro et al. 1998).
L’associazione tra queste due metodiche consente di diagnosticare il piede neuropatico infetto, dove le altre metodiche di imaging perdono valore (Palestro et al. 1997).
Esami scintigrafici alternativi proposti per la diagnosi di osteomielite sono le HIG marcate con 99mTc/111In e gli anticorpi monoclonali, o loro frammenti, anti antigeni granulocitari marcati con 99mTc.
Le HIG presentano alti valori di sensibilità, con valori di specificità inferiori a quello dei leucociti marcati. Questo radiofarmaco si accumula sia nelle aree infette che nell’infiammazione sterile dato il suo aspecifico meccanismo di uptake. Ciò spiega anche la bassa specificità della metodica.
E’ stato descritto anche l’accumulo delle HIG a livello di fratture e ciò limita l’uso di tale farmaco nello studio dell’articolazione di Charcot (Oyen et al. 1992).
Recentemente é stato descritto, in uno studio comparativo, che la scintigrafia con HIG, a differenza di quella con leucociti marcati, non é in grado di differenziare l’osteomielite dall’infiammazione asettica e dalla cellulite (Unal et al. 2001).
Tuttavia, la presenza di un risultato negativo, come nel caso della scintigrafia ossea, esclude la presenza di osteomielite con un alto grado di certezza.
Gli anticorpi monoclonali e loro frammenti (Fab1) presentano valori medi di sensibilità, specificità ed accuratezza sovrapponibili a quelli delle HIG.
Questo significa che al pari delle immunoglobuline non possono essere considerati dei traccianti ideali per la diagnosi dei processi infettivi, ma al pari della scintigrafia ossea un test di screening. Risultati migliori ed incoraggianti sono stati ottenuti utilizzando il frammento Fab1 (Harwood et al. 1999). Indicazioni La scelta degli studi da eseguire deve essere guidata dalla situazione clinica del paziente.
Avampiede: se sussiste il sospetto di osteomielite (presenza di ulcera), sarebbe bene effettuare inizialmente una scintigrafia ossea trifasica (con eventuale acquisiszione delle immagini a 24 h).
Qualora il risultato dell’esame sia negativo, l’iter diagnostico si interrompe. Al contrario si deve procedere effettuando una scintigrafia con leucociti marcati, qualora il precedente esame abbia dato esito positivo, onde confermare o escludere la presenza di infezione, la sua sede e l’eventuale estensione. L’esame é ripetibile al termine della terapia per valutarne l’efficacia.
Medio e retropiede: l’unico esame che consenta una diagnosi di certezza é la scintigrafia con leucociti marcati associata alla scintigrafia del midollo osseo. Da non eseguire la scintigrafia ossea.
L’isotopo da preferire nella marcatura dei globuli bianchi é il Tc99m, date le migliori caratteristiche intrinseche del radionuclide, che condizionano sia la risoluzione spaziale che la durata di ogni singola acquisizione, la sua pronta e facile disponibilità. Esame scintigrafico Scintigrafia ossea trifasica o quadrifasica con difosfonati marcati con 99mTc.
Preparazione del paziente: idratazione; urinare prima dell’inizio dell’esame Interferenze farmacologiche: difosfonati e steroidi riducono la captazione del tracciante; i chemioterapici aumentano la ritenzione renale; estrogeni determinano accumulo del radiofarmaco a livello mammario. Somministrazione: 70-1110 MBq di difosfonati iniettati in bolo in una vena antecubitale del braccio.
Acquisizione:
Fase angiografica (prima fase): acquisizione dinamica sul piede (che inizia nel momento in cui il radiofarmaco é somministrato) di 30 frame della durata di 1-2 sec ciascuno. Sulla somma delle immagini si disegna una regione di interesse, necessaria per la costruzione delle curve; Fase di blood pool (seconda fase): acquisizione statica entro 10 min dalla somministrazione, e della durata di 3-5 min Fase metabolica (terza fase): dopo 2h (nella quadrifasica anche dopo 6 o 24h) con scansione total body in proiezione anteriore e posteriore
Analisi dei dati:
Analisi qualitativa: Presenza di “hot spot”
Analisi quantitativa: Analisi delle curve
Refertazione:
Descrizione della dose somministrata; tipo di immagini acquisite; tempo di acquisizione dopo la somministrazione.
Descrizione dettagliata della fase angiografica, di blood pool e metabolica, e le aree di anormalità metabolica.
Scintigrafia con leucociti marcati con 111In e con 99mTc
Vedi modalità in appendice.
Scintigrafia con HIG marcat con 111In
Vedi modalità in appendice.
Scintigrafia con anticorpi monoclonali, o frammenti Fab1 marcati con 99mTc
Vedi modalità in appendice.
Scintigrafia del midollo osseo con nanocolloidi marcati con 99mTc
Esame da eseguire dopo la scintigrafia con leucociti
Preparazione del paziente: nessuna
Interferenze farmacologiche: non segnalate.
Somministrazione: 300-370 MBq di 99mTc-solfuro colloidale iniettati lentamente in una vena antecubitale del braccio.
Acquisizione: planare statica dopo 30 min dalla somministrazione, e nelle stesse proiezioni effettuate per i leucociti.
Analisi dei dati:
Analisi qualitativa: Presenza di “hot spot”
Refertazione:
Descrizione della dose somministrata; tipo di immagini acquisite; tempo diacquisizione dopo la somministrazione.
Confronto tra i due esami scintigrafici, descrivere in particolare se le aree di iperattività sono concordanti o meno.
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Coordinatore:
Prof. Alberto Signore Università
“La Sapienza” Ospedale S. Andrea,
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